NEANCHE UN CAPELLO ANDRA' PERDUTO, adorazione del 26 marzo

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MARIELLA100
view post Posted on 27/3/2009, 14:50




NEANCHE UN CAPELLO DEL VOSTRO CAPO ANDRÀ PERDUTO

Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. (…) Non li temete dunque, poiché non v`è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all`orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l`anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l`anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch`io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch`io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
(Mt 10, 16; 26-33)

Nel vangelo, che tratta le istruzioni agli apostoli per la missione, ascoltiamo per tre volte l'invito di Gesù: "non abbiate paura". È, dunque, un pressante invito alla fiducia, alla certezza di fede in Dio. Il tema di fondo è una contrapposizione tra il timore che viene dal mondo, dagli uomini e dalla disperazione del peccato, e la fiducia in Dio che si prende cura delle necessità delle sue creature, e si mostra come prode valoroso che incoraggia e fortifica i suoi. Il bene ha trionfato sul male e sulla morte grazie a Cristo Gesù.

Nell'istruzione missionaria di Matteo, Gesù insiste ripetutamente sulla necessità di alimentare la fiducia e rifiutare la paura. In realtà, gli apostoli erano gli incaricati dell'annuncio della "buona novella", messaggio pieno di speranza e consolazione, ma al contempo, destinato a scontrarsi frontalmente con la "saggezza" del mondo e i "peccati" dell'uomo. Il segno di Gesù si rivela segno di contraddizione, che porta allo scoperto i pensieri intimi dei cuori.
Quando il Buon Pastore richiama tutte le pecore al suo ovile, necessariamente la sua azione porta allo scoperto il peccato del mondo, e lo separa. Gesù era consapevole che i suoi apostoli andavano incontro alla inevitabile persecuzione del martirio, delle insidie e degli agguati degli uomini. Innanzitutto, li esorta alla predicazione: "quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce". Li sprona ad essere araldi appassionati della parola di Dio. San Paolo dirà a Timoteo: "annunzia la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole". L'apostolo di Gesù Cristo deve predicare, senza paura, urlando dai tetti. Deve essere consapevole di essere forte nella sua debolezza, che non deve preoccuparsi della sua eloquenza, perché lo Spirito Santo gli detterà quello che deve proclamare. Certamente, però, deve predicare la sana dottrina, non una dottrina qualsiasi, né la propria.

In secondo luogo, Gesù esorta i suoi apostoli a non temere coloro che "uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima". Ora, desidera rassicurarli di fronte alle minacce fisiche, ai maltrattamenti per causa della Parola, le congiure e ogni tentativo mirato a farli desistere dalla loro fede in Lui. Quanto gli apostoli fecero proprio questo invito, lo vediamo nell'atteggiamento di Pietro e degli altri apostoli negli Atti. Affermano, con assoluta certezza, che è necessario "obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" e, dopo essere stato frustati, "se ne andarono lieti di essere stati considerati degni di soffrire per amore del nome di Gesù".
Infine, Gesù rinnova l'esortazione a non temere, perché la provvidenza di Dio non lascerà che succeda loro alcun male. In fondo, il segreto per non aver paura sta nella consapevolezza di trovarsi nelle mani di Dio, Padre previdente, che si prende cura in modo speciale dell'uomo, creato a sua immagine e somiglianza. La strada del "non temere" passa, dunque, per il sentiero dell' "abbandono nelle mani di Dio". Riponete in Dio tutte le vostre trepidazioni, perché Egli si prende cura di voi.

Dalla voce dell'arcivescovo ortodosso Bartolomeu Anania, condannato da parte delle autorità comuniste a 25 anni di prigione, detenuto per 6 anni, dal 1958 al 1964:
"Noi, che siamo passati attraverso le prigioni comuniste sopportando l'umiliazione, la fame, il freddo e lo zelo dei torturatori, abbiamo resistito attraverso due armi di difesa: la fede in Dio e il nutrimento della cultura; così abbiamo disarmato quelli che avevano potere di uccidere il corpo, ma non l'anima. Con la fede e il martirio, pregando e perdonando, imparando noi e insegnando agli altri, ecco i modi attraverso i quali siamo usciti comunque vincitori, sia noi che siamo sopravvissuti, sia quelli che hanno attraversato, in quel luogo, le soglie del cielo."

Dalla voce di Friedrich Weisler, luterano, internato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, da cui, prima di morire, scrisse un'ultima lettera ai suoi cari:
"Povera moglie, povera madre e poveri figli, Dio vi consolerà, io non lo posso fare. Leggete il salmo 27. Ho trovato il dono di una calma e di una forza meravigliosa, perché so che il Signore aiuterà quotidianamente così come lo ha fatto meravigliosamente sino ad oggi. Il tesoro dei canti e delle parole di Dio, rimane nella mia interiorità. Sì che siete tutti al sicuro.
Il nostro legame interiore diventerà più forte, il nostro amore più profondo. E Dio ci è più vicino di quando stiamo bene. Non temere abbi fede, dice il Salvatore ai suoi.
Quando non sembra esserci più speranza per la nostra natura terrena, allora Dio è veramente vicino e presente con il suo aiuto."

In ogni caso, ciò che importa è schierarsi con Dio davanti agli uomini. Opzione alta e difficile, in un mondo come il nostro, ma che riempie la vita di entusiasmo e conferisce alla propria esistenza il senso di "una missione", di un invio, di un compito da compiere, di una verità cui si deve essere fedeli, di un atteggiamento cui non si può abdicare. Si tratta di mettersi a disposizione della verità. Il cristiano sente nel proprio cuore l'invito di san Paolo: "vivere secondo la verità nella carità" senza lasciarsi ingannare ingenuamente dall'errore. L'uomo ha il diritto di essere rispettato nella sua ricerca della verità, ma prima ha l'obbligo morale di cercarla e, poi, di seguirla una volta che l'ha trovata. L'amore per la verità è, dunque, vocazione propria del cristiano. Egli è stato chiamato a dare testimonianza della verità, la verità di Dio, la verità del mondo, la verità della rivelazione, la verità di Cristo. Nell'enciclica Fides et ratio troviamo questa affermazione:
"La perfezione dell'uomo, infatti, non sta nella sola acquisizione della conoscenza astratta della verità, ma consiste anche in un rapporto vivo di donazione e di fedeltà verso l'altro... Il martire, in effetti, è il più genuino testimone della verità sull'esistenza. Egli sa di avere trovato nell'incontro con Gesù Cristo la verità sulla sua vita e niente e nessuno potrà mai strappargli questa certezza". Il martire è l'esempio più probatorio dello "schierarsi dalla parte di Dio, incondizionatamente, senza temere coloro che ammazzano il corpo". Il martire, insomma, provoca in noi una profonda fiducia, perché dice ciò che noi già sentiamo e rende evidente ciò che anche noi vorremmo trovare la forza di esprimere.

Sembra necessario recuperare nella vita parrocchiale, e nella vita dei fedeli in generale, la dimensione missionaria della vocazione cristiana. Nelle viscere stesse del cristianesimo sta l'invio, il compito di andare ad annunciare la buona notizia e convertire gli uomini all'amore di Gesù Cristo. Una fede cristiana concepita solo come perfezione personale o consolazione psicologica non è un'autentica fede cristiana. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Cristo ci manda nel mondo come agnelli tra i lupi, ma ci garantisce il suo amore, la sua presenza e la sua forza. È necessario ravvivare il senso di missione e di apostolato tra i nostri fedeli. Domandiamoci quanti fedeli nelle nostre parrocchie esercitano un apostolato che li impegna a donare il proprio tempo e le proprie energie, nella misura delle loro possibilità. Ravviviamo col nostro esempio, con la nostra iniziativa, col nostro appoggio e il nostro entusiasmo il senso della missione nei giovani. Incoraggiamoli ad organizzare circoli di preghiera, missioni popolari nella città o nelle zone rurali, opere di assistenza ai più indifesi, e di diffusione della dottrina cristiana. Sono molte le buone idee che, forse, giacciono latenti nel cuore di un giovane, e aspettano solo una nostra parola che lo svegli e lo incoraggi! "Riconosci, cristiano, la tua dignità", diceva san Leone Magno. Oggi potremmo parafrasare: "Riconosci, cristiano, la tua missione, il tuo compito, la tua responsabilità di fronte a Dio, di fronte alla Chiesa, di fronte agli uomini".

Affinché tutta la Chiesa senta impellente il desiderio di Cristo di manifestarsi ad ogni uomo, preghiamo:
Venga il tuo Regno, Signore!

Perché i fedeli laici collaborino con vescovi e presbiteri nell’opera di evangelizzazione e promozione umana dei popoli, attraverso la preghiera, l’azione, la solidarietà, preghiamo:
Venga il tuo Regno, Signore!

Perché nelle comunità cristiane si moltiplichino sacerdoti, religiosi, diaconi e catechisti necessari alla crescita nella fede, nella speranza e nella carità, preghiamo:
Venga il tuo Regno, Signore!

Perché ognuno di noi ricordi sempre quanto il Concilio Vaticano II afferma: “l’opera evangelizzatrice è un dovere fondamentale di tutto il popolo di Dio”, preghiamo:
Venga il tuo Regno, Signore!

Perché in ognuno di noi, grazie all’intercessione delle Vergine Maria, risvegli in sé l’impegno a far giungere il Vangelo nella propria famiglia, nell’ambiente di scuola o di lavoro, nelle diverse attività umane, preghiamo:
Venga il tuo Regno, Signore!

 
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